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La scena, ormai, ogni matematico la conosce. Mura brunite dal fumo dei tanti avventori, finestre su cui condensa l’umidità d’inverno e che vengono spalancate d’estate, una stufa a legno che quando serve spande un piacevole calore. Tavolini e sedie, giornali in un angolo e poi, secondo l’ora, caffè, birra, vodka, procedendo in quest’ordine attraverso la giornata. Parole, fogli, penne e matite, discussioni più o meno accese. Il quaderno, un po’ spiegazzato, lasciato in consegna al barista la sera e ripreso dal primo che varca la porta al mattino. È il celebre Kawiarnia Szkocka di Leopoli e loro sono i matematici che lo animano: Banach, Borsuk, Mark Kac, Kuratowski, Schauder, Steinhaus solo per nominarne alcuni, e davanti a ciascuno di questi nomi giù il cappello, al punto che diventa difficile immaginare che in una cittadina tutto sommato marginale dell’Est Europa potessero davvero essersi trovati tutti assieme, a quei tavolini. 

Che poi: Leopoli, facile a dirsi. Lvov, Lviv, Lemberg, Lwow. Polacca, ucraina, tedesca, austro-ungarica. Capitale del regno di Galizia, ora scomparso dalle mappe dell’Europa. Qui di frontiere se ne intendono, ne hanno viste passare tante. Lingue diverse, governanti diversi, un crocevia di nazionalità. Non è un caso che fiorisca proprio qua una comunità ebraica vivissima; un terzo dei trecentomila abitanti della città sono ebrei e molti di loro sono figure prominenti in un posto in cui la cultura, da sempre, è una delle forze trainanti. Novemila studenti universitari affollano le aule, una cifra che poche altre città europee si possono permettere. Le guerre, qua, non fanno più paura. Ne hanno viste passare tante. Dalla fine dell’impero Austro-Ungarico la città è stata attraversata da truppe ucraine, polacche, sovietiche, infine di nuovo polacche. In questo ribollire di nazionalità e lingue la matematica sembra aver trovato un piccolo paradiso. Topologia, logica, analisi funzionale. Se queste discipline non sono nate qua, certamente qua hanno trovato alcuni degli interpreti più famosi. All’elegante Caffè Scozzese le discussioni raggiungono livelli che ancora Princeton non riesce a immaginare: chi risolverà il problema per cui è stata messa in palio, addirittura, un’oca viva? È vero, diremmo oggi, che in ogni spazio di Banach esiste una base di Schauder? Ecco, già dal fatto che questi due nomi ritornino dovrebbe dire qualcosa dei problemi scritti in quel quaderno dalle pagine spiegazzate. Ci vorranno più di trent’anni per dimostrare che è proprio così e Mazur potrà finalmente consegnare l’oca viva promessa a Per Enflo in una cerimonia trasmessa in diretta dalla tivù di stato polacca. È il 1936 quando il problema viene scritto nel libro. Probabilmente chi lo scrive sta pensando che non esiste posto migliore al mondo per fare matematica che i tavolini di quel bar.

Schauder è uno dei giovani del gruppo. Conosce la guerra, ha combattuto con gli austriaci nella prima guerra mondiale ed è stato fatto prigioniero in Italia. Poi, finiti i combattimenti, ha potuto finalmente riprendere gli studi, completando il suo dottorato sotto la guida di Steinhaus. Ha continuato a fare ricerca anche mentre lavorava come professore di liceo, fintanto che qualcuno si è accorto del suo talento. È stato chiamato a Lipsia, ha lavorato con Leray a Parigi, finalmente ha ottenuto una posizione all’università di Lwow. Generazione Erasmus, diremmo oggi. Risultati eclatanti: grado topologico, stime per le equazioni ellittiche, sono molti i concetti di Analisi che ancora oggi portano il suo nome. Sì, le notizie dalla Germania sono preoccupanti, non a caso Kac e Ulam se ne sono andati negli Stati Uniti, ma come si fa a lasciare una città del genere?
Invece la guerra inizia e fa subito la sua prima vittima fra gli animatori del Caffè Scozzese. Kaczmarz parte per combattere contro i sovietici e di lui non si sa più nulla. La città passa sotto il controllo dell’Armata Rossa. Lwow ritorna ad essere Lviv, Banach promette di imparare l’ucraino, diventa Rettore dell’Università e collabora con gli occupanti. Forse, tutto sommato, se la possono cavare.
Inizia, però, l’Operazione Barbarossa e in soli otto giorni Lviv ritorna ad essere Lemberg, occupata dai nazisti. Per gli ebrei è impossibile qualunque attività. Qualcuno capisce subito che sopravvivere deve diventare la prima occupazione. Ma nessuno immagina la portata degli eventi che stanno per arrivare. Le autorità naziste intuiscono che l’università potrebbe essere un problema e decidono di risolverlo a modo loro: un battaglione di SS uccide 25 professori dell’università alle colline di Wuleckie. Tra loro i matematici Ruziewicz, Stozek and Lomnicki. Dopo due giorni anche Bartel, matematico ed ex primo ministro polacco, viene fucilato per essersi rifiutato di diventare parte di un governo fantoccio. Chi può si nasconde. Procurarsi cibo, risorse, vie d’uscita è difficile, ognuno può pensare solo a se stesso. Steinhaus rimedia un passaporto falso e si rifugia in campagna, Banach per guadagnare qualche spicciolo si fa letteralmente succhiare il sangue dalle zecche, per un esperimento medico. Schauder è disperato, eppure continua a lavorare e sfida il coprifuoco per poter discutere di matematica con i colleghi. Scrive a Hopf in Svizzera chiedendo aiuto, ma non ottiene risposta; gli chiede anche della carta perché non può neanche scrivere i risultati che ha ottenuto in quei mesi. Leray è prigioniero in Austria, impossibile contattarlo. Riesce comunque a ottenere da un suo ex-studente un passaporto falso necessario per raggiungere la figlia e la moglie rifugiate a Varsavia.

Nel buio di una situazione che appare senza via d’uscita scrive al suo collega Bieberbach, conosciuto nei trascorsi tedeschi. Non potrebbe scegliere peggio. Bieberbach è un convinto nazista e lo segnala subito alla Gestapo.

Non c’è certezza sulla morte di Schauder. C’è chi dice ucciso per strada, chi arrestato e ucciso in prigionia. Scompare come tanti, a metà del 1943. Alla fine della guerra di centomila ebrei che vivevano a Lwow circa 200 sopravvivono. Due ogni mille. Eva Schauder, la figlia, miracolosamente è tra questi. Si rifarà, curiosamente, una vita in Italia diventando professoressa in un liceo milanese.

Juliusz Pawel Schauder