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Questa pagina, curata dall’INAPP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), è dedicata al professore e medico neuropatologo Ettore Levi (Venezia, 12 gennaio 1880 - Roma, 5 luglio 1932), appartenente a una famiglia ebraica già da generazioni affermata nel campo della medicina, e fondatore dell’IPAS, l’Istituto italiano di igiene previdenza e assistenza sociale.

Il padre Moisè Raffael (zio di Margherita Sarfatti) nominato nel 1878 primario medico e docente presso la scuola pratica di medicina e chirurgia dell'ospedale di Venezia cominciò a orientare decisamente i propri interessi clinici, scientifici e didattici verso la pediatria e nel 1882, quando l'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze istituì la cattedra di pediatria, ottenne la nomina per titoli a professore straordinario della clinica medica delle malattie dei bambini, in quella città. Si trattava della prima clinica pediatrica italiana. Partecipò attivamente alla vita della sua città Venezia: fu tra i fondatori, nel 1873, della Società di navigazione lagunare a vapore, della quale assunse la presidenza dalla fondazione al 1882, rimanendone poi consigliere di amministrazione. Fu socio ordinario dell'Ateneo veneto e corrispondente dell'Accademia di medicina di Torino, della Società medica chirurgica di Bologna, della Società medica di Vienna. Aggregato della direzione del Giornale veneto di scienze mediche, dal 1879 fece parte del consiglio direttivo del periodico Lo Sperimentale. Nominato cavaliere della Corona d'Italia nel 1870 per la fondazione dell'Ospizio marino e promosso ufficiale nel 1872 per aver presieduto la Commissione per il risanamento del Lido, nel 1880 fu insignito della croce di cavaliere della Corona tedesca per i "suoi apprezzati lavori di medicina, che avevano meritato di essere tradotti nell'idioma tedesco".

Ettore Levi, pioniere della medicina sociale, dedicò tutta la sua breve vita alla lotta contro i mali sociali che attanagliano un’Italia sconvolta dalla Prima Guerra Mondiale.

…in conseguenza della guerra, falangi di tubercolosi, di psicopatici, di storpi, di mutilati, di ciechi ecc. sono restati a carico dello Stato, che ha avuto in tal modo la rivelazione improvvisa della importanza sociale, sia morale che economica, dei grandi problemi assistenziali del tempo di pace, cui era totalmente impreparato, ma ai quali dovrà forzatamente in avvenire temprarsi […] Sappia lo Stato – scrive infatti Levi –, prodigo di centinaia di milioni annui a vani scopi di assistenza agli incurabili (tubercolosi gravi, alienati, ciechi, sordomuti ecc.), e che tali in maggioranza sono divenuti, per incuria ed ignoranza delle classi responsabili, che quanto esso, e le non meno tarde ed ignare Amministrazioni periferiche, provinciali, comunali e private, saranno per spendere in avvenire per la protezione della maternità e dell’infanzia e per la prevenzione di tutte le malattie evitabili, sarà ripagato, a mille doppi da corrispondenti economie nell’edificazione ed il mantenimento di ospedali per cronici che sono per lo più dei moritorii, di manicomi che sono sepolcri di vivi, di brefotrofi che furono, specialmente durante la guerra, come ora appunto abbiamo visto, veri macelli infantili, di carceri pullulanti di infelici, contaminati, fin dalla nascita, in abituri moralmente e materialmente infatti, non sanati tempestivamente da una scuola realmente educatrice
(Levi E., La medicina sociale in difesa della vita e del lavoro, 1921).

In attesa che anche in Italia si costituisca un ministero per l’Igiene, Levi propone l’istituzione di un organo burocratico centralizzato, che funga da «agente stimolante e di collegamento» fra gli enti statali e parastatali attivi nel settore dell’assistenza sociale e che, soprattutto, realizzi una gestione più efficiente ed economicamente vantaggiosa della malattia sociale.

L’istituto voluto da Levi era “organizzato secondo il modello anglosassone, ossia attraverso sottoscrizioni volontarie di istituti di credito, sindacati, enti, ordini professionali. Lo scopo era creare un organismo assistenziale che agisse anche ponendo attenzione al valore economico della vita umana. Complementare all’azione dello Stato, l’ente doveva agire da stimolo e raccordo tra le varie iniziative a sfondo sociale”.

Con questo approccio rivoluzionario rispetto a quello di tipo individualistico e sanitario portato avanti dagli igienisti e dai medici che si occupavano anche di prevenzione e grazie al patrocinio di illustri personalità e al finanziamento, fra gli altri, del Credito Italiano e della Banca Commerciale, nel 1922 nasce l’IPAS.

L’istituto fu amministrato dalla Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali, poi sostituita nel 1933 dall’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale trasformato successivamente in INPS.

I compiti di detta istituzione erano la “propaganda, consultazione, coordinamento e studio sulle cause degli evitabili danni sociali, sui danni morali e soprattutto economici agli individui e alla comunità”. Ricchissima la sua produzione sia di testi che di altri supporti didattici per la diffusione dell’igiene nelle case e nei posti di lavoro. L’attività propagandistica dell’IPAS si contraddistinse, anche, per la pubblicazione di una serie di manifesti ritenuti strumenti capaci di educare e diffondere informazioni utili alla tutela della salute individuale e collettiva, nelle scuole e negli ambienti di lavoro. Tali pubblicazioni si rivolgevano anche ai maestri in considerazione del fatto che l’igiene, con la riforma Gentile, era diventata materia obbligatoria nella scuola.

L’esistenza di Ettore Levi interseca quella dell’IPAS per soli dieci anni ma le due storie sono talmente legate e il primo si toglierà la vita perché forzatamente allontanato dal secondo.

Ettore Levi verrà allontanato dall’Istituto a causa delle sue posizioni riguardo il birth control, percepite dal regime come inclini alla limitazione delle nascite e quindi in contrasto con la politica pronatalista del Fascismo, il cui obiettivo non era tanto quello di migliorare la razza attraverso la sterilizzazione, ma di aumentare i tassi di natalità e di migliorare le condizioni di salute e prestanza fisica tramite l’igiene, l’alimentazione e l’esercizio fisico. In Italia, dunque, le pratiche di eugenica negativa, più radicali e problematiche, furono pressoché inesistenti, mentre vennero preferite quelle di eugenica positiva quali: il controllo sanitario pre-matrimonale, una medicina sociale preventiva, l’assistenza materno-infantile e le grandi politiche demografiche “pronatalistiche” (Mantovani 2004). Un’eugenica, dunque, principalmente inquadrata all’interno della cornice dell’igiene sociale, del miglioramento delle condizioni di vita, difesa della salute e miglioramento della razza. In ogni caso, sebbene si fosse trattato di interventi meno violenti che in altri Stati, anche in Italia i programmi eugenici, soprattutto nel periodo subito dopo la Prima Guerra Mondiale, miravano a una regolamentazione coercitiva dei comportamenti individuali da parte dell’autorità statale.

Vani saranno i tentativi e le suppliche al Capo del governo Mussolini (le lettere sono presenti nella mostra) di far rientro nell’Istituto o di trovare una nuova collocazione professionale.

Secondo alcuni, infatti, sull’espulsione di Ettore Levi dall’IPAS avevano avuto un notevole peso proprio le sue origini. Non ha dubbi a riguardo Claudia Mantovani, docente dell’Università di Perugia che ha approfondito il rapporto tra il Fascismo e l’eugenetica. La Mantovani, infatti, sostiene che «la manovra di esproprio non mirasse tanto ad impadronirsi dell’Istituto quanto ad emarginare Levi in persona».

La vita del Levi termina nel silenzio della maggior parte dei colleghi, osteggiato da un regime che reprime e annichilisce chi non vi si allinea, estromesso da un Istituto che tutto gli doveva e nel quale non aveva potuto più fare ingresso, nemmeno per recuperare «i più preziosi oggetti personali» lasciati in sede.

L’INAPP ha inaugurato la mostra online Lavoro e società: Il '900 attraverso i documenti dell'Istituto per gli Affari Sociali che, a 100 anni dalla fondazione dell’IPAS, confluito nel 2010 in INAPP col nome IAS, intende raccontare quanto è rimasto presso l’INAPP dalla fusione dei due Istituti, attraverso l’esposizione di una selezione di documenti e di materiali fotografici.

Lo scopo principale è quello di offrire uno spaccato del lavoro come fattore costitutivo della società italiana dell’epoca, per come restituito da un Istituto che si muoveva tra la propaganda e la divulgazione scientifica.

Note biografiche
Sito della mostra
Comunicato INAPP mostra

ettore levi
Ettore Levi, nella copertina di “La Medicina Italiana”